Parafrasando il titolo di un famoso film americano del 1998, posso affermare che siamo “tutti pazzi per il cashback”. Gli italiani, da sempre amanti del contante e restii ai pagamenti digitali, si sono improvvisamente scoperti utilizzatori della moneta elettronica anche per i piccoli importi.
Qual è il motivo? L’introduzione, da parte del Governo, del cashback.
Dopo una prima fase sperimentale avviata a fine 2020, dal primo gennaio 2021 è iniziato il cashback standard che ci accompagnerà fino al 30 giugno 2022, grazie al quale lo Stato rimborserà agli aderenti ben 222 milioni di Euro, con rimborso medio di circa 69 Euro a persona.
Nei periodi bui della pandemia di Covid-19, uno dei pilastri per la lotta alla diffusione del virus da parte del Governo fu l’app “IMMUNI” creata con l’intento di tracciare i contagi, con una registrazione dei contatti diretti e indiretti.
L’applicazione, purtroppo, non ha avuto un grande successo soprattutto per un discorso di privacy, che in molti temevano potesse venire violata. E, a distanza di pochi mesi dal suo avvio, di questa app non ne parla più nessuno.
Diversamente da “IMMUNI” un’applicazione che ha avuto un grande seguito è stata “IO”, ideata per ricevere un rimborso sulle spese effettuate con la moneta elettronica. Per usufruire di questo benefit siamo disposti a fornire i nostri dati anagrafici, il codice fiscale, i documenti, gli estremi dell’IBAN del conto corrente e le informazioni relative alle nostre carte di credito.
Cosa prevede il cashback?
L’idea principale di questa applicazione prevede che sarà sufficiente effettuare un minimo di cinquanta pagamenti in un semestre, per ricevere il 10% dell’importo speso, fino a un tetto massimo di 150 Euro di rimborso complessivo. Il rimborso massimo per singola transazione sarà di 15 Euro.
Non c’è un importo minimo di spesa e sarà possibile ottenere rimborsi fino a 300 Euro l’anno.
In realtà un altro cashback è presente in Italia da molto tempo anche se pare che in pochissimi se ne siano accorti.
A cosa mi riferisco? Al cashback dei fondi pensione che, a differenza di quello che rimborsa le spese effettuate con moneta elettronica, restituisce ai suoi detentori addirittura fino a 2.220 Euro annui.
Come?
In ogni anno fiscale si potrà dedurre dal proprio reddito dichiarato ai fini IRPEF fino a 5.164,57 Euro di contributi alla pensione integrativa, compresi gli eventuali contributi versati dal datore di lavoro, che sono deducibili al pari di quelli personali.
Quindi, i contributi versati nel fondo pensione si sottraggono dal reddito imponibile IRPEF, che risulterà inferiore e, di conseguenza, le aliquote IRPEF verranno applicate su un importo più basso.
È chiaro?
Facciamo un semplice esempio:
Supponiamo di avere un reddito di 25.000 €: per il calcolo delle imposte, va considerato un 23% fino a 15.000 €, pari a 3.450 €, e un 27% da 15.001 € a 28.000 €, pari a 2.700€, per un totale imposte IRPEF 6.150 €. Supponiamo, ora, di versare 3.000 € nel nostro fondo pensione: il totale di tasse da corrispondere diminuisce e raggiunge i 5.340 € 23% fino 15.000 €, sempre pari a 3.450 €, e 27% da 15.001 € a 22.000 € (non più 25.000,00 €), pari 1.890 €, con un risparmio fiscale di 810 € come rimborso in sede di dichiarazione dei redditi dell’anno successivo.
Perché allora non sfruttare questo interessante strumento?
Abbiamo sempre la possibilità di fare la cosa giusta.
Carpe diem. Cogli l’attimo.