Vai al contenuto principale
Rappresentazione visiva dell'articolo: Moneta pigra

Risparmio.

Dal vocabolario Treccani:  “La rinuncia a consumare una parte del reddito netto, in natura o in moneta e anche i beni non consumati o il loro equivalente monetario, indipendentemente dall’uso che ne intenda fare il risparmiatore”.

Non c’è alcun dubbio che la parola stessa evochi sicurezza e protezione contro gli imprevisti negativi della vita, una sorta di scorta.

Il più grande economista del Novecento, John Maynard Keynes, ebbe a definire così il risparmio: “Ogni volta che risparmiate cinque scellini, togliete una giornata di lavoro a un uomo”.

 

Come dovremmo, quindi, interpretare il risparmio? 

Come uno strumento sabotatore dell’economia o, invece, una virtù?

Come sempre accade in economia… dipende.

Sì, è proprio così… dipende.

Se il risparmio è inteso come un accantonamento per futuri investimenti o acquisti, un po’ come facevano le nostre nonne con le loro buste di carta con sopra scritta la destinazione futura, va inteso come una virtù.

Al contrario, se il nostro risparmio è lasciato lì… immobile a perdere di valore ogni giorno che passa, un po’ come fosse un bicchiere d’acqua dimenticato sotto il sole d’estate e destinato a evaporare un po’ alla volta, si tratta di uno strumento negativo.

La nostra economia si basa su un processo circolare. 

Facciamo un esempio: prendiamo un’impresa che produce dei beni. Per la sua attività distribuisce soldi a chi lavora, attraverso salari o stipendi; ai fornitori per l’acquisto della materia prima; gli interessi per il credito ricevuto, ecc. Al termine dei pagamenti, se l’imprenditore è stato abile, ci saranno degli utili che andranno agli azionisti o ai proprietari dell’azienda stessa. Per produrre utili, quindi, è necessario che l’impresa venda e che qualcuno acquisti. Se questo ingranaggio si interrompe, attraverso i guadagni, i salari e gli stipendi lasciati sotto il materasso e non ridistribuiti attraverso la spesa e gli investimenti, si rischia di mandare in tilt l’economia stessa.

Dal punto di vista delle famiglie il “troppo” risparmio può dipendere dai timori per il futuro: tante famiglie si chiedono se, per le spese future, basteranno lo stipendio o la pensione. Altre risparmiano in vista del classico “non si sa mai!”.

La stampa, quasi quotidianamente, evidenza il continuo aumento della giacenza ferma sui conti correnti delle banche a rendimento che, se va bene, è pari a zero. Io ritengo che il risparmio sia più dovuto alla scarsità di offerta, che all’effettiva paura del domani.

Ma allora qual è il risparmio giusto?

Prendiamo l’esempio di una famiglia contadina che coltiva grano. Ogni anno il raccolto serve per procurare un certo reddito alla famiglia. Ma non tutto il raccolto verrà venduto, una parte sarà accantonato per la “semina” dell’anno successivo. Così il raccolto non consumato costituirà “il risparmio” e quando sarà il momento di essere utilizzato per una nuova semina sarà “investimento”.

 

Non rimaniamo vittime di noi stessi come “Argante”  nella commedia di Molière, ma apriamo gli occhi alla realtà.

Powered by

Logo Promobulls
Area riservata