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Rappresentazione visiva dell'articolo: Vento reale e vento apparente

Chi naviga spinto dalla forza del vento, regolando le vele della propria imbarcazione, conosce bene la differenza tra vento reale e vento apparente.

Esistono, in realtà, tre tipi di vento.

Il primo è il “vento reale” ed è quello che percepiamo quando siamo fermi, per esempio all’ancora, ed è in funzione della direzione e della forza del vento presenti in quel determinato giorno nella zona dove ci troviamo.

 

Il “vento di avanzamento”, invece, è quello che sentiamo in navigazione,  quello causato dal nostro movimento. Spostandoci creiamo sempre un vento di intensità pari alla nostra velocità e di direzione opposta.

Se non siete pratici di vela, potete fare una prova andando in bicicletta. Il vento che vi sfiorerà prima di partire è il vento reale, ma se iniziate a pedalare il vostro movimento creerà – inevitabilmente – un vento di avanzamento.

 

È piuttosto facile intuire, quindi, che il vento “apparente”, altro non è che la risultante tra il vento reale e il vento di avanzamento.

  

Probabilmente, a questo punto, vi starete domandando: “Silvio… di solito ci proponi post di educazione finanziaria, adesso fai anche l’istruttore di vela?” J

 

Vi rispondo dicendo che ho scelto la metafora sulla differenza tra il vento reale e il vento apparente per spiegare quello che in finanza si chiama rendimento nominale rendimento reale, con la sola differenza che in nautica sommiamo i valori mentre in finanza li sottraiamo.

 

Il tasso di interesse nominale è quello effettivamente concordato e pagato. Per esempio, si parla di tasso di interesse nominale riferendosi al tasso che l’acquirente di un’abitazione versa sul mutuo, oppure quello che un risparmiatore riceve sul proprio deposito. In altre parole, chi prende un prestito paga il tasso nominale; chi deposita i suoi risparmi lo riceve.

 

A chi deposita i suoi risparmi, però, non interessa solo l’importo nominale pagato; ma anche cosa potrà comprare con quei soldi. 

Quello definito come “potere di acquisto della moneta”. 

Di solito, questo potere, diminuisce nel tempo a causa dall’aumento dei prezzi dovuto all’inflazione.

Chi ha qualche primavera si potrà certamente ricordare il valore di una banconota del vecchio conio da 50.000 lire con il corrispettivo di oggi degli analoghi 25 euro circa.

Tenendo conto dell’inflazione, capiremo  realmente quanto ci costa un prestito e quanto ci rende il risparmio, con la formula:

tasso di interesse reale= tasso di interesse nominale – inflazione.

 

Vi faccio un esempio per permettervi di capire meglio.

 

Importo depositato = 1.000€

Tasso interesse nominale = 1,00%

Cifra ottenuta = 1.010€

 

Tuttavia se, nello stesso periodo i prezzi aumentano del 1,3% (stima marzo 2021 nei diciannove Paesi che fanno parte della zona euro) dovremo pagare 1.013€ per acquistare gli stessi beni o servizi che nell’anno precedente ci sarebbero costati 1.000€.

 

Questo che significa che il rendimento reale è stato del -0,03%, intaccando 3€ del nostro capitale. Il tutto pensando di essere immuni dalla volatilità dei mercati.

 

A questo punto, la domanda nasce spontanea: “Caro risparmiatore, quando valuti un investimento proposto, la tua attenzione va solo al tasso d’interesse nominale?”

 

Dovremmo, quindi, investire tutti i nostri risparmi per avere un rendimento reale superiore all’inflazione?

 

Certo che no! Secondo la mia opinione sarebbe bene pensare ai nostri obiettivi di breve, medio e lungo termine.

 

 

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