Lunedì 24 Gennaio al Parlamento, in seduta comune, inizieranno le votazioni per eleggere il tredicesimo Presidente della Repubblica.
Quanti momenti come questo avete vissuto fino a oggi?
Una persona tra i 50 e i 70 anni ne ha vissuti esattamente 10: Giovanni Gronchi, Antonio Segni, Giuseppe Saragat, Giovanni Leone, Sandro Pertini, Francesco Cossiga, Oscar Luigi Scalfaro, Carlo Azeglio Ciampi, Giorgio Napolitano, Giorgio Napolitano bis e Sergio Mattarella.
Stando alla storia, i nostri antenati non avevano una tale prospettiva di vita. Nonostante siano vissuti in periodi in cui le congetture di corte erano più frequenti, avevano una prospettiva di vita decisamente più breve.
L’attuale prospettiva di vita
La speranza di vita degli italiani è passata dall’essere di 50 anni nel 1921 agli attuali 80,8 anni per gli uomini e 85,2 anni per le donne. A 65 anni la speranza di vita residua è di 19,3 anni per gli uomini (+ 0,3 rispetto al 2017) e di 22,4 anni per le donne (+0,2 rispetto al 2017). E si prospetta che la vita media delle persone salirà ancora fino ai 100 anni nel 2050.
Tutto ciò comporta che, in media, le persone passeranno in quiescenza un periodo di tempo del 25% più lungo di quello che hanno trascorso lavorando: conseguentemente ci saranno gravi danni per il welfare.
Il futuro del welfare
Ci si domanda se l’aumento della prospettiva di vita potrà essere sostenuto in futuro dal welfare. I primi effetti sono già visibili negli Stati Uniti, dove il numero di persone in bancarotta dopo i 65 anni di età sta aumentando a livelli senza precedenti.
La popolazione in Italia sta diminuendo: 60 milioni e 391 mila, con un calo di oltre 90 mila persone rispetto all’anno precedente. Inoltre, la scelta di avere figli avviene a un’età sempre maggiore (mediamente a 32 anni). Questi fattori incidono notevolmente sulla scelta di accantonare i contributi.
Il pagamento dell’assegno previdenziale avviene infatti attraverso l’accantonamento dei contributi da parte dei lavoratori. Per scongiurare un disastro nel futuro, non c’è altra soluzione che l’aumento dell’età lavorativa o l’aumento del risparmio individuale.
Nel 2007 la riforma Maroni prevedeva la possibilità di trasferire in un fondo previdenziale il proprio TFR. Un fondo che corrisponde al 6,91% del reddito annuo che, in aggiunta ad eventuali contributi da parte del datore di lavoro e del lavoratore, può raggiungere oltre il 10% del reddito annuo.
Questa importante iniziativa è però stata quasi del tutto ignorata dalla maggior parte dei lavoratori italiani, in quanto attualmente si è raggiunta una percentuale di aderenti pari solo al 25%.
Come affrontare il problema?
L’unico modo per poter gestire la situazione in futuro, è tenere a mente alcuni importanti e significativi aspetti:
• Prendere decisioni in breve tempo, senza procrastinare la scelta a un futuro incerto e non ben definito;
• Non lasciare ingenti somme di liquidità a tasso zero o ad un tasso di rendimento al di sotto del tasso d’inflazione;
• Ricorrere ad adeguate coperture assicurative, così da
scongiurare il rischio di eventi che possono danneggiare il
proprio patrimonio;
• Avere un’opportuna pianificazione finanziaria e
previdenziale.
Queste importanti attività di pianificazione non possono essere eseguite adeguatamente in autonomia. Affidarsi a un Consulente Finanziario esperto, serio ed affidabile diventa quindi un elemento imprescindibile.